lunedì 21 ottobre 2013

DIARIO PARIGINO...

                                                                                                                                                                                                                                                                                                       27/luglio/1893                                                        
Caro diario,
sono una contadina della Francia, pelle bruna, occhi scuri pieni di speranza e tanta voglia di vivere, infranta dalla Rivoluzione ! Vedere la propria città distrutta, dove hai vissuto per tutta la vita, dove sei cresciuta, dove sei nata e dove hai fatto i primi passi è devastante.
Sulla sinistra, si possono vedere i sogni distrutti dei cittadini, occhi pieni di lacrime, visi tristi eppure sempre pieni di speranza e gente che si dispera e che piange per la gran fame che patisce.  Al centro, si vedono bambini e ragazzi che giocano spensierati per le strade ormai ridotte a brandelli, tra quelle poche case rimaste in piedi e tra migliaia di povere vittime distese per terra come se stessero dormendo per la grande stanchezza dovuta alla tantissime battaglie. Come fanno i bambini ad essere così forti? Come fanno a non soffrire? Come fanno a non capire che il proprio futuro è andato per lo più distrutto?  A destra, mentre contadini e borghesi patiscono le pene dell’inferno, ci sono i nobili che fanno tutti i giorni la bella vita. Dalle finestre delle loro case, si sente il profumo della ricchezza, si odono gli schiamazzi della felicità, delle note musicali che annunciano delle feste e si possono vedore cibi e pietanze che passano sotto i loro baffi; mangiano senza vergogna, mentre noi dobbiamo faticare per sopravvivere un giorno in più di loro!
Guardo i miei figli, vestiti con stracci rovinati, scoloriti, che emanano un odore insopportabile, l’odore della povertà e dell’infelicità. La loro pelle è sempre più sottile, da far quasi vedere le loro piccole e fragili ossa, il loro viso è scarno, pallido e parla da solo: stanno soffrendo, le loro forze stanno diminuendo ogni giorno di più, sono sempre distesi per terra, senza mai alzarsi, senza mai andare a giocare con i loro amici, si stanno spegnendo davanti ai miei occhi.
Non potrei sopportare un’altra volta la perdita di un figlio: all’inizio della Rivoluzione, Carlo il mio terzo e ultimo figlio, si ammalò gravemente, prendendo un’ infezione incurabile alla gola, che gli ha impedito di deglutire quel poco pane e quella poca acqua  che avevamo, fino a ridurlo uno straccio e a  portarlo alla morte. Da quel giorno per me è cominciato l’inferno, tutto il mondo mi è crollato addosso; ancora oggi lo considero parte della famiglia, chiamandolo ogni volta che ci raduniamo a tavola, ma poi rifletto e l’immagine del suo piccolo corpo senza vita mi passa davanti agli occhi, rendendo così le mie giornate sempre più tristi.
Tutte le mattine, prima che quelle poche persone rimaste vive si sveglino, faccio un giro in città, tra le vittime della guerra e tra le case distrutte, per vagare un po’ la mia mente. Appena passo davanti ai campi di grano, ormai distrutti, o davanti alla nostra vecchia casa, ormai ridotta in cenere dalle fiamme del gran fuoco , delle lacrime segnano il mio viso scarno e migliaia di ricordi passano davanti al mia anima, facendo sì che riviva in eterno ogni istante, ogni giorno del mio passato da contadina e da mamma felice, cancellando per un secondo tutta la sofferenza che mi invade.
Spesso ripenso a quando eravamo in quella grande stanza, tutti in insieme, tutto il popolo della Francia, riuniti in Assemblea. Quel giorno era pieno di ansia e felicità. La voce del nostro rappresentante era squillante, ferma, decisa e allo stesso tempo piena di emozione:
-Da questo momento in poi, sarete tutti “fratelli, liberi e uguali”! Sarete messi tutti allo stesso livello, sia nobili che borghesi, perché siete fratelli e tutti i fratelli hanno gli stessi diritti!-
Un boato di felicità rimbombò per tutta la stanza: gente che piangeva dall’emozione, persone che si abbracciavano, ma soprattutto tutti pensavano che finalmente ,da quel momento, non sarebbero più stati considerati inferiori ai nobili! Per tutti noi, questo era un grandissimo privilegio,  che avrebbe  portato la  nostra vita al massimo splendore.
Ora, però, ripensare al passato fa male. Il passato porta solo gravi conseguenze, tristezza e malinconia. Oggi la stanchezza è tanta, la notte non si dorme, per i gemiti delle persone che soffrono, per gli urli dei piccoli bambini che cercando di bere un po’ di latte dal seno della mamma. I miei figli, giorno dopo giorno, si aggravano sempre di più, non so quanto dureranno, non so se potranno tornare a giocare con i loro amici e non so se potranno ritornare a vivere con gioia e felicità la loro vita. Forse anche io non  tornerò alla vita di sempre: la città è ridotta in brandelli, le case sono state abbattute o mandate a fuoco senza motivo, la cenere copre le strade,  i campi sono rasi al suolo, il lavoro di una vita è andato distrutto in pochi minuti, la felicità di una vita distrutta in pochi secondi…
Ogni sera prima di cercare di dormire, mi chiedo se  tutto sarebbe potuto essere diverso: se invece di essere una monarchia fossimo stati una repubblica, se invece di essere tutti diversi nei diritti fossimo stati tutti posti allo stesso livello, chiissà come sarebbe oggi la nostra Francia, popolata da cittadini uguali, fratelli e liberi. La nostra vita sarebbe stata diversa, di sicuro: se le tasse fossero state applicate anche ai nobili, si sarebbe evitato tutto quello che oggi stiamo patendo, la fame, la sofferenza e la speranza di vivere un giorno più a lungo.
Ma tutto quello che immagino e penso ogni giorno è solo un sogno che non si avvererà mai e poi mai, la mia vita e quella dei miei figli si spegnerà prima che si possa sistemare tutto e i nostri corpi senza vita non potranno riposare in pace come meritano, saranno adagiati in un mucchio di cadaveri per poi sostare lì in eterno…


                                                                                                         27/luglio/1893                                                                                                                                    Caro diario,
la stanchezza si sta impossessando di me, la notte non si dorme più, per gli schiamazzi di allegria provenenti dalle case dei nobili e per i pianti di quei pochi bambini che sono rimasti in vita.  La città è sempre più inquietante: ormai quelle poche case che erano sopravvissute alla guerra si sono trasformate in cenere, come i loro proprietari, i campi di grano sono diventati delle immense paludi piene di ratti, insetti e corpi senza vita, le lunghe strade su cui passavano le carrozze sono diventate impraticabili, piene di corpi e di qualche bambino che gioca stanco.
Le passeggiate mattutine sono ormai smarrite, sia per la grande stanchezza che mi impedisce di camminare e sia perché voglio passare  ogni secondo della mia vita che mi rimane accanto ai miei figli, che si stanno aggravando sempre di più. Il loro viso è sempre più scarno, i loro vestiti sono diventati dei grandi stracci che emanano un odore insopportabile.
Non so più che fare, non so più come comportarmi, non so più che dire ai miei figli quando mi chiedono dove è il loro papà. Non so se dirgli che è morto in battaglia o se dirgli che sta tornando e non vede l’ora di rivederli.


                                                                                                                26/agosto/1893                                                                                                                            
Caro diario,
per i miei figli non c’è stato niente da fare. Ieri sera, durante la notte, si sono accasciati a terra, come se stessero dormendo, ma stamattina, quando li ho toccati per svegliarli, il loro corpo era gelato, e il loro piccolo cuoricino non batteva più. Da quel momento, la lancia che mi ha trafitto il cuore fa parte di me, le mie forze sono sempre di meno, i miei occhi sono stanchi, fanno fatica a restare aperti e le mie mani fanno fatica a scrivere queste ultime parole… Mi sto spegnendo piano piano come una candela in assenza di ossigeno…