giovedì 20 febbraio 2014

Uomo vs Uomo

Siamo stati su quel treno circa una settimana, senza mai vedere la luce del sole e senza mai respirare un po’ di aria fresca, trattati come bestie, costretti a vedere cose che dei bambini non dovrebbero vedere e privati della nostra libertà e della nostra felicità. Ognuno di noi aveva capito ormai il suo destino. Il viaggio fu un vero inferno, ci fermammo tre volte, soste molto veloci, senza mai scendere. Eravamo costretti a stare tutti ammucchiati fra di noi. Nessuno parlava, sette giorni di silenzio, un silenzio che stordiva le orecchie,  che faceva pensare al nostro destino e se avremmo mai più rivisto i nostri cari o i nostri amici. Il settimo giorno fummo tutti svegliati da un improvvisa frenata e da degli urli provenienti da fuori il treno. Dei soldati aprirono le porte e muovendo un solo dito ci dissero dove dovevamo andare: le donne a destra e gli uomini a sinistra, io ero con mia madre e mio fratello con mio padre. Erano dei robusti uomini, indivisa con sguardo serio e deciso, che non avevano nessuna pietà, nemmeno per i bambini più piccoli. Ci consegnarono un lungo pigiamone a righe bianche e azzurre con un numero scritto sopra, io era il numero 15263 e da quel giorno quel numero diventò il mio nome, ci obbligarono a metterlo e poi ci misero in una baracca composta da lunghi letti a castello che la percorrevano da cima a fondo. Non eravamo gli unici ad essere lì, ma cerano già centinaia di donne, con l’aria triste, senza capelli e un corpo molto esile. Passarono i giorni, eravamo sottoposte ai lavoro forzati e tutti i giorni mangiavamo 25 gr di pane con un cucchiaio di minestra composta da bucce di patate, la mie forze stavano scomparendo piano piano, ma non potevo arrendermi, dove lottare insieme a mia madre. Quello era un posto orrendo dove nessuno e dico nessuno, neanche l’uomo più spietato del mondo doveva passare solo un giorno. In primo luogo, c’era un grandissimo cancello da dove noi eravamo entrati con il treno, con sopra una scritta in tedesco di ferro “Arbeit macht frei”. In secondo piano, c’erano delle grandi e lunghe baracche di legno, dove centinai e centinai di persone erano costrette a vivere. Sullo sfondo, si vedevano invece dei lunghi e alti camini, da dove proveniva quasi tutti i giorni un fumo e una puzza terribile, ma nessuno sapeva che cosa accadeva dentro quelle ciminiere. Era passato più di un mese dal nostro arrivo, giorno dopo giorno vedevo cose che una ragazza di 14 anni dovrebbe mai e poi mai vedere. Tutte le mattine all’alba un soldato entra nella nostra baracca, selezionava una cinquantina di persone  e le portava via con se senza mia più rivederle, una mattina selezionarono anche mia madre, io sperai per tutto il giorno di poterla di nuovo riabbracciare la sera stessa,ma lei non tornò mai più e io rimasi sola fino a quando mi selezionarono anche a me e mi resi conto che io non avrei mai più rivisto i miei parenti e i miei amici, dopo quella fredda doccia.
Molte sono le cause della Shoah e non possiamo dare la colpa  ad una sola  causa ben precisa. In primo luogo, possiamo dire che la causa forze principale era l’ignoranza, perché la Germania in quel periodo attraversava una forte crisi economica, perciò Hitler diete la colpa agli ebrei, infatti essi erano un popolo molto ricco e molti di loro controllavano banche tedesche, di conseguenza scaricò tutta la colpa su di loro, perché non aveva la minima idea da dove poteva provenire la crisi della Germania.  Poi, come seconda causa possiamo parlare di supremazia, Hitler avendo condannato gli ebrei ad essere causa della crisi,infatti li denominò razza inferiore o razza impura che stava contaminando la razza ariana, cioè i tedeschi, perciò considerati anche pericolo per la popolazione ariana,di conseguenza Hitler si sentì superiore,  agli ebrei. Infine, possiamo dire che un'altra causa dell’olocausto può essere stato il fanatismo, perché Hitler portando gli ebrei ad essere condannati alla morte attraverso i campi di concentramento si sentì in un certo modo fanatico dei propri gesti e delle propri idea, così da imporre alle persone di avere proprie idee e di esprimersi come meglio volevano.Ricordando, approfondendo e immedesimandosi nella storia dell’olocausto possiamo tirar fuori degli insegnamenti. In primo luogo, il primo insegnamento è che siamo tutti uguali e liberi nei diritti ( art 1), perciò siamo tutti paragonati su uno stesso livello. Secondo poi, tutti noi abbiamo il diritto di avere là libertà, la proprietà e là sicurezza ( art. 2). Inoltre, nessun uomo può essere accusato e arrestato senza prove che dichiarano che l’uomo è colpevole ( art.7). Infine, ognuno di noi non può essere molestato per le proprie idee politiche, religiose e per le sue opinioni ( art. 10). Volevo concludere con una celebre frase di Primo Levi, deportato anche lui:<< Pensavo che la vita era bella e avrebbe continuato ad esserla>>, con queste parole si può capire che ogni persona che chi ha varcato il cancello di un campo di concentramento aveva già capito che non sarebbe avrebbe avuto un ottimo futuro.

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